Lavori in diga

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venerdì 23 marzo 2012

Composite Be .. il Casco metrico!

Dopo anni di ricerca abbiamo avuto l'opportunità di verificare con mano le potenzialità della Composite Be. L'azienda svizzera vanta un esperienza ventennale nella realizzazione di caschi rigidi da immersione in fiberglass e carbonio potendo offrire oggi un valido sostituto al classico casco da immersione.
Dalla forma innovativa molte le migliorie apportate: fondameltale il passo metrico, un ampio campo visivo, l'allontanamento della manopola dello sbrinatore da quella dell'emergenza, l'allungamento della manopola della regolazione del flusso d'aria dell'erogatore, la valvola di non ritorno in acciaio INOX, il passaggio della frusta dietro la spalla e non di fronte come la sua concorrente, protezione del blocchetto laterale e dell'erogatore,personalizzabile.
Personalizzabile: l'azienda risponde efficacemente alle necessità del cliente offrendo l'opportunità di scegliere quale erogatore installare sul casco senza perdere l'omologazione CE, la personalizzazione del colore del casco, la personalizzazione del cuffiotto.
La Composite Be ha base in svizzera e non è necessario attendere la traversata dell'oceano per gli spare, sempre disponibili.
Non ci sono obblighi da parte del costruttore di far manutenzionare il casco solo in centri autorizzati, basta far revisionare l'erogatore da chi autorizzato, scuola diving  o quant'altro, in grado di fornire la garanzia. La manutenzione straordinaria, se necessaria, si può effettuare in azienda , acquistando i ricambi direttamente, o portandolo in Svizzera presso la Composite Be.
Il casco è stato largamente distribuito in america centrale ed utilizzato sia in basso fondale che in saturazione lasciando soddisfatti i diver e senza nessun rimorso ....
Forse il primo in Italia è stato fornito ai sommozzatori della GdF ma la ventata di novità ha interessato anche Vigili del Fuoco, Carabinieri ed alcuni professionisti del settore, che hanno avuto l'opportunità di vederlo esposto alla fiera di Roma BigBlu 2012, richiedendo di poter provare il casco in acqua.

Per info potete contattarci a info@subseaservices.it

giovedì 12 gennaio 2012

Pesca fantasma, sembra che nessuno la conosca .... Mah!

6 maggio 2009, Roma - Le grandi quantità di attrezzature da pesca perse in mare o abbandonate dai pescatori stanno danneggiando l'ecosistema marino, compromettendo gli stock marini attraverso la "pesca fantasma" e costituendo un pericolo per le imbarcazioni, afferma il nuovo rapporto realizzato congiuntamente dalla FAO e dal Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP).

Secondo lo studio, il problema delle attrezzature da pesca abbandonate, perse o altrimenti dismesse (ALDFG l'acronimo inglese) sta peggiorando a causa dell'aumento nella scala delle operazioni di pesca e dell'introduzione di attrezzature da pesca particolarmente resistenti perchè fatte di materiali sintetici altamente durevoli.  

Il rapporto stima che le attrezzature marine abbandonate, perse o dismesse negli oceani ammontano ad un 10% (640 000 tonnellate) di tutti i rifiuti presenti in mare. In mare aperto, le navi mercantili costituiscono la fonte primaria di rifiuti marini, mentre la principale fonte di rifiuti nelle zone costiere è l'attività di pesca a terra.. 

La maggior parte delle attrezzature da pesca non viene deliberatamente abbandonata ma viene persa durante le tempeste, trasportata via da forti correnti, o è il risultato dei cosiddetti "conflitti tra attrezzature", per esempio, quando si pesca con le reti in aree dove sono già state sistemate sul fondo trappole in cui le nuove reti possono incagliarsi. 

I principali danni causati dalle reti abbandonate o perse sono:

  • la cattura continua di pesci - conosciuta come "pesca fantasma" - e di altri animali quali tartarughe, uccelli marini e mammiferi marini, che rimangono intrappolati e muoiono;
  • l'alterazione degli ecosistemi dei fondali marini;
  • la creazione di rischi per la navigazione in termini di possibili incidenti in mare e danni alle imbarcazioni.
I tramagli, le nasse e le trappole per pesci contribuiscono alla  "pesca fantasma", mentre le reti da pesca estese tendono prevalentemente a intrappolare altri organismi marini e le reti a strascico a danneggiare gli ecosistemi sottomarini. 

La pesca fantasma In passato, le reti da pesca mal gestite portate alla deriva dalla corrente erano additate come le principali responsabili, ma la loro messa al bando in molte aree nel 1992 ha ridotto il loro contributo alla pesca fantasma.

Oggi sono i tramagli posti sui fondali ad essere più spesso riconosciuti come il principale problema. L'estremità inferiore di queste reti è ancorata al fondale marino, mentre alla sommità sono posti dei galleggianti,,così da formare un muro sottomarino verticale di reti che può estendersi dai 600 ai 10 000 metri di lunghezza. Se un tramaglio viene abbandonato o perso, può continuare a pescare da solo per mesi - a volte anni - uccidendo indiscriminatamente pesci ed altri animali.

Le trappole per pesci e le nasse sono un' altra principale causa di pesca fantasma. Nella Baia di Chesapeake, negli Stati Uniti, si stima vengano perse ogni anno circa 150 000 trappole per granchi, su un totale di 500 000. Solo sull'isola caraibica di Guadalupe, circa 20 000 di tutte le trappole sistemate ogni anno vengono perse in ogni stagione degli uragani, un tasso di perdita pari al 50%. Come i tramagli, queste trappole possono continuare a pescare da sole per lunghi periodi di tempo.

Le soluzioni "L'ammontare di attrezzature da pesca che restano in mare continuerà a crescere e le conseguenze sugli ecosistemi marini continueranno a peggiorare se la comunità internazionale non si decide a prendere delle misure effettive per fronteggiare il problema dei rifiuti marini nel suo complesso. Le strategie per affrontare il problema devono dispiegarsi su vari fronti, e comprendere misure di prevenzione, di mitigazione e di cura", afferma Ichiro Nomura, Vice-Direttore Generale della FAO per la Pesca e l'Acquacultura. Nomura ha anche sottolineato che la FAO sta lavorando a stretto contatto con l'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO l'acronimo inglese) per la revisione attualmente in corso dell' Allegato V della "Convenzione Internazionale sulla Prevenzione dell'Inquinamento da Navi" (MARPOL l'acronimo inglese), per quanto riguarda le attrezzature da pesca in mare e sugli scogli.

Il Sotto-Segretario Generale dell' ONU e Direttore Esecutivo dell'UNEP Achim Steiner ha detto: "Ci sono molti ‘fantasmi' nell'ecosistema marino, dalla sovrapesca e dall'acidificazione degli oceani legata ai gas serra, alla crescita delle ‘zone morte' de-ossigenate causata dagli scarichi e da altre fonti terrestri d'inquinamento. Le attrezzature da pesca abbandonate e perse fanno parte di questa serie di problemi che devono essere affrontati colletivamente con urgenza, affinchè la capacità di riproduzione dei nostri oceani e mari possa esser preservata per le generazioni odierne e future, e non di meno pe ril raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell'ONU." 

Il Rapporto FAO/UNEP elenca una serie di raccomandazioni per affrontare il problema delle reti fantasma:

Contrassegnare le reti. Non tutte le attrezzature vengono deliberatamente gettate via, quindi la pratica di contrassegnarle non dovrebbe essere usata per "additare i colpevoli" ma piuttosto per capire le ragioni delle perdite di attrezzature e identificare appropriate e specifiche misure preventive.  

Migliorare gli schemi di raccolta, eliminazione e riciclaggio. E' necessario facilitare un' adeguata eliminazione di tutte le reti da pesca vecchie, danneggiate e recuperate, afferma il rapporto. La maggioranza dei porti però non dispone delle attrezzature necessarie. Una buona soluzione potrebbe quindi essere quella di collocare dei cestini per i rifiuti sugli scogli e di dotare le imbarcazioni di recipienti di grandi dimensioni e molto resistenti per raccogliere le reti vecchie o parti di esse da buttare.

Migliore rendicontazione delle attrezzature perse. Una raccomandazione chiave del rapporto è che le imbarcazioni dovrebbero aver l'obbligo di riferire ogni eventuale perdita di attrezzatura. Ciò nonostante, si dovrebbe adottare un approccio "non colpevolizzante" per quanto riguarda le perdite, i loro effetti e tutti i tentativi di recupero, afferma il rapporto. Lo scopo dovrebbe essere quello di accrescere la consapevolezza dei rischi potenziali ed aumentare le probabilità di recupero delle reti.

"Chiaramente le soluzioni per questo problema esistono, e la nostra speranza è che questo rapporto stimoli le industrie e i governi ad agire concretamente per ridurre in maniera significativa la quantità di reti perse o abbandonate presenti nell'ambiente marino", ha affermato Nomura.